
Lezioni dallo Spazio III: Sei stonato? Allora mettiti a cantare
Buone notizie per gli stonati: non arrendetevi, perché una voce intonata dipende più dall’esercizio che dal talento innato. Solo una piccolissima parte della popolazione infatti può essere realmente definita “stonata”, cioè chi soffre di amusia, l’incapacità patologica di distinguere i toni musicali. Per tutti gli altri, imparare a cantare è esattamente come imparare a suonare uno strumento. Proprio per questo però, serve una pratica costante per non perdere i progressi raggiunti. A dimostrarlo è uno studio realizzato dagli esperti di educazione musicale Steven Demorest, della Northwestern University, e Peter Pfordresher, della University at Buffalo di New York, e pubblicato sulle pagine della rivista Music Perception.
“Nessuno si aspetta che un principiante sappia suonare bene il violino dal primo giorno, perché la pratica è essenziale”, ricorda Demorest, “ma si suppone che tutti dovrebbero essere in grado di cantare, e per questo chi non ci riesce tende a prenderla sul personale. Noi pensiamo invece che cantando di più si può migliorare”. Per dimostrarlo, i due ricercatori hanno chiesto a tre gruppi di volontari, bambini delle elementari, delle medie, e ragazzi del liceo, di partecipare a un esperimento in cui era richiesto di cantare delle brevi sequenze di note per verificare quanto fossero intonati. I risultati della prova hanno dimostrato che nel passaggio dalle elementari alle medie si assiste a un importante miglioramento nell’intonazione, un cambiamento che secondo i due ricercatori dipenderebbe principalmente da una maggior pratica, perché è proprio alle medie che la maggior parte dei bambini inizia a ricevere un’educazione musicale in ambito scolastico. In seguito però i progressi raggiunti sembrano sparire, visto che nell’esperimento i ragazzi del liceo hanno dimostrato capacità canore paragonabili a quelle della scuola elementare.
Le capacità musicali presentano senz’altro una componente innata, spiega Demorest, ma l’esperimento dimostra chiaramente come nel canto esista un ampio margine di miglioramento legato all’esercizio: “È un’abilità che può essere imparata e sviluppata, e che dipende in larga parte dall’utilizzare regolarmente la propria voce”, chiarisce il ricercatore. “Il nostro studio dimostra infatti che gli adulti che imparano a cantare da piccoli perdono questa capacità, se smettono di allenarsi”. I risultati avrebbero implicazioni importanti nel campo dell’educazione musicale. Essere definiti stonati, ricorda Demorest, può avere un impatto devastante sull’immagine che ha di sé un bambino, ed è un’esperienza che viene ricordata fino all’età adulta, demoralizzando chi la subisce e facendogli perdere interesse nelle attività musicali.
La soluzione proposta dai due esperti è quella di migliorare la misurazione delle capacità canore attraverso un protocollo online, il Seattle Singing Accuracy Profile (SSAP), che fornirebbe un metro di paragone accurato per raccogliere dati sullo sviluppo dell’intonazione durante la crescita. In questo modo sarebbe possibile arrivare ad avere un’idea più precisa delle cause di una cattiva intonazione, e si potrebbero identificare più precocemente i rari casi in cui i problemi nel canto sono collegati a disturbi di tipo cognitivo, o a deficit di tipo linguistico.
“Per prima cosa dobbiamo avere un’idea chiara di cosa sia normale in termini di sviluppo dell’abilità canora legato all’età”, conclude Dmorest. “Cosa dobbiamo aspettarci da un bambino di cinque anni? E da uno di 10? Fatto questo potremo identificare le aree in cui un bambino sta avendo problemi, e aiutarlo mettendo in campo le risorse necessarie”.